Flm visto da IoStudio News: cos’è il populismo?
Di Valeria Cannizzaro
In occasione della terza edizione del Festival delle letterature migranti, si è svolto oggi un incontro con Marco Revelli, presso il Palazzo delle Aquile.
Il tema affrontato è stato quello del populismo con l’aggiunta 2.0. Enrico Del Mercato ha conversato con Marco Revelli, autore del libro Populismo 2.0 (Einaudi). L’incontro è iniziato con una riflessione sulle parole utilizzate il 4 luglio 1892 con la Omaha Platform dalla quale emerse il National People’s Party in America. Quelle parole suonano come eco delle parole usate oggi dai partiti populismi e ci si è posti una domanda: i populismi hanno parole ricorrenti? Marco Revelli è partito dalla constatazione che i populismi sono accumunati dalla volontà di rispondere a una paura con l’obiettivo di scoprire il proprio io, la propria identità. Il populismo ritorna perché è ricorrente il disagio della democrazia. Con il termine populismo, ci si riferisce a uno stato d’animo, a un mood, a un risentimento, a una frustrazione. Quando la democrazia non rappresenta il popolo, emerge il trauma. Revelli parla di democrazia senza passione.
Ma esistono attinenze fra i populismi di oggi e quelli passati, come ad esempio quelli nati a cavallo fra le due guerre? Le attinenze ci sono perché il nesso nasce dall’insoddisfazione e si concretizza in linguaggi politici estremi orientati a una linea di rottura che vede contrapposti da una parte il popolo e dall’altra chi ha usurpato la sua sovranità. Il populismo ha bisogno di un capo, sente la necessità di personalizzare la propria identità perché ne è privo. Potremmo definire il populismo come una deprivazione di diritti, di status: è una democrazia senza passione, una politica senza politica.
Un fattore comune dei populismi è l’ostilità che la maggior parte del popolo nutre nei confronti di ciò che considera élite. L’incontro ha citato fatti politici non soltanto italiani ma anche internazionali che dimostrano come ci siano dei punti comuni fra i vari populismi. Queste forme di populismo devono oggi confrontarsi con una realtà nuova rappresentata da Internet. Viviamo nel centro di una rivoluzione in cui esistono diverse forme di comunicazione. L’esistenza della rete crea il problema della disintermediazione: non si ricerca la mediazione per comprendere ciò che accade intorno a noi. La mancanza di mediazione moltiplica i populismi? Il web distrugge l’intermediazione delle strutture ma anche quelle della personalità. Le personalità che comunicano in rete non sono reali, ma virtuali e le persone con le quali comunichiamo somigliano a degli avatar perché non li vediamo fisicamente. Ecco perché Revelli aggiunge “2.0” per riferirsi alle forme di populismo attuali.