Le sezioni

La sesta edizione del Festival delle Letterature Migranti si pone un obiettivo: quello di indagare e narrare il contemporaneo in tutte le sue molteplici sfaccettature, facendosi strumento di decrittazione e di racconto del reale. Per farlo, abbiamo scelto di articolare il programma in cinque diverse sezioni – Letteratura, Arti visive, Teatro, Musica e Audiovisivi – che insieme concorrano a comporre uno sguardo a 360° sulla complessità che ci circonda.

Oasi e deserti
Programma letterario curato da Davide Camarrone, Direttore del Festival delle Letterature Migranti

Anche quest’anno il programma letterario sarà articolato per sezioni: delle vere e proprie “scatole narrative” all’interno delle quali troveranno posto i libri; sarà da lì che gli autori e la comunità di discussant prenderanno le mosse, per guardare con occhio attento alla realtà.

Dialoghi – Quel che sta accadendo determina un’ulteriore accelerazione dei flussi di informazione. In una società, la nostra, costituitasi su modelli di comunicazione pervasiva, militarizzata, si avverte la necessità di nuove forme di analisi della realtà. Di un tempo nuovo da dedicarsi alla conoscenza. La Letteratura è tornata oramai da tempo a costituirsi quale strumento possibile di comprensione e di dialogo. Nel fiume del cambiamento, i Dialoghi assicurano le condizioni essenziali alla comprensione del Contemporaneo: la migrazione delle conoscenze e la condivisione del giudizio. Il confronto sulla convivenza e l’interazione tra culture differenti, per la formazione di una cittadinanza matura e consapevole; la contaminazione dei linguaggi e delle narrazioni; la riflessione sulle modalità dell’informazione e sul cambiamento delle città: dei luoghi, dei punti di vista e delle rifrazioni attraverso le quali le città si costituiscono quali filtri per la decifrazione del reale.

Lettere da vicino – Questa è la prima generazione che si avverte come ultima nell’intera storia dell’umanità a godere di ricchezze naturali, memoria e libertà, che vede diradarsi il proprio orizzonte, che percepisce il rischio di un assottigliamento delle risorse essenziali per la sopravvivenza della specie – il clima, l’acqua e il cibo -, che rischia una possibile interruzione dei processi di trasmissione dell’eredità culturale di una generazione all’altra. Per il peso della memoria – tra nuove uniformità di pensiero -, e in relazione a modalità di dialogo immateriale che non presuppongono relazioni dirette tra interlocutori. Nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi del sapere e del dialogo, misuriamo il fallimento di una promessa capitale. E ragioniamo sul ruolo delle narrazioni, sull’educazione al narrare.

Lost (and Found) in Translation (la sezione, curata da Eva Valvo, è frutto di una collaborazione fra i traduttori editoriali di Strade e ANITI-Associazione Nazionale Italiana Traduttori e Interpreti) – La migrazione assunta come criterio interpretativo della realtà determina in modo naturale una riflessione sul linguaggio. Insieme ai corpi viaggiano anche le parole. Nel viaggio, alcune si perdono e altre, fino ad allora sconosciute, compaiono per la prima volta. Riflettiamo sul valore fondamentale della traduzione e della mediazione culturale e sulla loro funzione, che è letteraria ed è etica, fabbricando un ponte di corde tra mondi diversi. Sulla coscienza che tradurre vuol dire perdere e trovare, non coincidere ma avvicinarsi: la distanza che permane non è un’anomalia ma il luogo in cui l’umano si rivela.

Meticciati – La nostra storia racconta del nostro meticciato. Siamo meticci per memoria genetica, per istinto e formazione. Meticcia è la nostra origine, meticcio è il territorio nel quale agiamo e verso il quale muoviamo. Da questa constatazione, che vede nell’ibridazione non un’improvvisa anomalia ma una condizione naturale, una sezione che riflette sull’esperienza concreta della mescolanza – della miscela, del miscuglio, del crossing-over – espressa nella letteratura, nella musica, nel cinema, nel racconto giornalistico, nella relazione tra uomo e macchina, tra uomo e società. Un itinerario naturalmente impuro all’interno del nostro essere umani.

Tempo irregolare – In un tempo non troppo lontano, ogni cambiamento – ogni krisis, passaggio – richiedeva un tempo lunghissimo perché conoscenze e idee potessero plasmarsi e dispiegarsi. Il tempo era medico della paura dell’ignoto, dell’horror vacui nel quale l’umanità si è di frequente ritrovata. Siamo ora ad un cambio d’epoca. L’uomo rinascimentale, capace di concentrare in sé dei saperi universali, conosce il proprio declino. Oggi, nell’arco di una stessa vita si succedono epoche differenti nelle quali si rinuncia alla fatica della memoria, fidando su un costante stoccaggio presso depositi che non controlliamo. Viviamo in un tempo irregolare, compresso oltre ogni limite, e l’infrazione dei codici elementari di adesione e compatibilità ci rende irregolari e ci proietta in un limbo di anomia e terrore.

Terre perse – Terre perse è quel che resta di una doppia citazione: di un testo capitale di Gesualdo Bufalino – Cere perse -, e della “terra” come di un tòpos letterario (da Verga a Zola). Terre, in termini più propriamente espressivi, sono anche i colori naturali usati nella pittura. Terre perse potrebbero esser dunque degli scenari naturali che stingono come vecchi colori; luoghi che smarriscono la loro storia e spingono alla fuga verso una storia nuova e una nuova identità. Terre perse dice di un rimpianto e di un lento esodo, di una storia e di un esilio.

Variazioni e fughe – Le narrazioni letterarie e artistiche e i loro intrecci gettano ponti tra il nostro mondo e l’Ignoto che – nel tempo delle comunicazioni istantanee, della velocità dei flussi informativi – si mostra a due passi da noi. Tra Oasi e deserti, tra l’Occidente e i luoghi che dall’ultima guerra chiamata guerra abbiamo smesso di voler conoscere. Abbiamo costruito società idealmente autosufficienti, depositarie di valori incomunicabili ed ora in crisi: in tumultuoso cambiamento, per la netta separazione tra un’epoca e un’altra. La società che cambia impone nuovi linguaggi, e tra realtà e linguaggio vi è un costante rapporto dialettico. Così come tra le diverse forme di espressione ed invenzione.

Elettronica
Programma Musica curato da Dario Oliveri

La sezione musicale si chiamerà Elettronica ma avrà la forma di un juke-box: accostare le due parole “Musica” ed “Elettronica” equivale a far emergere un orizzonte vastissimo e variegato, oltre che sotto ogni aspetto tipicamente moderno. L’idea del progetto Elettronica tende dunque a reinventare creativamente il juke-box, mantenendone in parte la dimensione po’ ludica, ma senza l’esigenza di un consumo immediato e con un’apertura verso linguaggi diversi: dalla musica colta sino alle forme più evolute di intrattenimento.
E dunque: dodici artisti/performer di diversa esperienza e formazione, che firmano 2×12 brani (corrispondenti alle facciate A e B di un 45 giri) della durata di 3-4 minuti ciascuno, un vero e proprio festival nel Festival; un juke-box di brani inediti e in prima audizione assoluta, capaci con il loro configurarsi come 45 virtuali di stimolare anche una riflessione grafica e visuale.

Camera di sorveglianza
Programma Teatro curato da Giuseppe Cutino

Nella sezione Teatro, all’interno di FLM2020, vorremmo testimoniare l’epoca del Covid, e cercare di comprendere questa migrazione del pensiero creativo che i teatranti stanno affrontando, specie chi gli spettacoli li immagina e li struttura.
Come riuscire a realizzare performance dal vivo seguendo le limitazioni imposte dai regolamenti sanitari?
È possibile cercare di riproporre il Teatro sul web o attraverso la televisione o il cinema pensando la ripresa non come testimonianza ma come necessita drammaturgica?
Come saranno i futuri spettatori e quale punto di vista avranno per fruire del Teatro?
O il Teatro sarà come un luogo a se stante, avulso dallo spettatore, quasi una camera di sorveglianza, in cui si è spiati solamente da un occhio elettronico, un luogo dove sai di essere visto ma nessun contatto hai con chi ti sta vedendo?
Solo domande al momento. Dubbi. Nessuna certezza. Come il domani di chi approda in una terra nuova e sconosciuta.

Clausure
Generazione spontanea

Programma Arte curato da Agata Polizzi

La “clausura” ha disegnato i contorni di una dimensione interiore e intellettuale in cui ciascun individuo ha sperimento forme di resistenza.
Per la sezione Arti Visive, curata da Agata Polizzi in condivisione con la Fondazione Merz di Torino, è stato chiesto agli artisti di mettere a disposizione del pubblico un archivio emozionale somma del lavoro realizzato durante il confinamento: si tratta di immagini, scritti, disegni, pensieri nati da un’osservazione quasi scientifica della generazione creativa di quel periodo così particolare. Gli artisti si confronteranno direttamente con il pubblico, grazie a incontri intimi, una sorta di “speakeasy”, che diventeranno occasione di scambio e ulteriore ricerca. Il fine ultimo del progetto è che tutte queste esperienze (artistiche e di confronto) confluiscano in una pubblicazione, un vero e proprio diario di viaggio.

Pornografie
Peephole – Peepshow

Programma Audiovisivi curato da Andrea Inzerillo

Il non previsto che ricostituisce la casa come zona di sicurezza riducendo la vita a sguardo – finestra, balconi, schermi – e riducendo al minimo la fruizione del fuori modifica radicalmente la percezione del sensibile e le forme di esperienza della vita comune, acuendo di fatto l’effetto facebook: ognuno vede solo ciò che ha immediatamente davanti a sé. La dimensione scopica del confinamento manifesta in modo acuto le differenze sociali: cosa vedo, quando vedo da casa? Nella limitazione del movimento durante il lockdown, la perdita dell’esperienza mi confina nel ruolo di spettatore di esperienze altrui attraverso i mezzi di comunicazione, che diventano dunque autenticamente la mia unica esperienza. Quale spazio per l’imprevisto, in una vita diventata un piccolo o grande peep-show? E come si modifica la grammatica delle emozioni e la percezione di sé e degli altri?