Le sezioni

La quinta edizione del Festival delle Letterature Migranti si pone un obiettivo: quello di indagare e narrare il contemporaneo in tutte le sue molteplici sfaccettature, facendosi strumento di decrittazione e di racconto del reale. Per farlo, abbiamo scelto di articolare il programma in cinque diverse sezioni – Letteratura, Arti visive, Teatro, Musica e Audiovisivi – che insieme concorrano a comporre uno sguardo a 360° sulla complessità che ci circonda. Le sezioni Arte e Audiovisivi saranno intrecciate in un unico, affascinante progetto.

Ultimanza
Programma letterario curato da Davide Camarrone, Direttore del Festival delle Letterature Migranti

Anche quest’anno il programma letterario sarà articolato per sezioni: delle vere e proprie “scatole narrative” all’interno delle quali troveranno posto 28 libri; sarà da lì che gli autori e la comunità di discussant prenderanno le mosse, per guardare con occhio attento alla realtà.

Dialoghi – Il progressivo incremento dei flussi di informazione e l’essersi costituita, la nostra società, su modelli di comunicazione pervasiva, militarizzata, determinano la necessità di nuove forme di analisi della realtà. Di un tempo nuovo da dedicarsi alla conoscenza. La Letteratura torna a costituirsi quale strumento possibile di comprensione e di dialogo. Nel fiume del cambiamento, i Dialoghi assicurano le condizioni essenziali alla comprensione del Contemporaneo: la migrazione delle conoscenze e la condivisione del giudizio. Il confronto sulla convivenza e l’interazione tra culture differenti, per la formazione di una cittadinanza matura e consapevole; la contaminazione dei linguaggi e delle narrazioni; la riflessione sulle modalità dell’informazione e sul cambiamento delle città: dei luoghi, dei punti di vista e delle rifrazioni attraverso le quali le città si costituiscono quali filtri per la decifrazione del reale.

Lettere da vicino – Questa è la prima generazione che si avverte come ultima nell’intera storia dell’umanità a godere di risorse, memoria e libertà, che vede diradarsi il proprio orizzonte, che percepisce il rischio di un assottigliamento delle risorse essenziali per la sopravvivenza della specie – il clima, l’acqua e il cibo -, che rischia una possibile interruzione dei processi di trasmissione dell’eredità culturale di una generazione all’altra. Per il peso della memoria – tra nuove uniformità di pensiero -, e in relazione a modalità di dialogo immateriale che non presuppongono relazioni dirette tra interlocutori. Nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi del sapere e del dialogo, misuriamo il fallimento di una promessa capitale. E ragioniamo sul ruolo delle narrazioni, sull’educazione al narrare.

Lost (and Found) in Translation (La sezione, curata da Eva Valvo, è frutto di una collaborazione fra i traduttori editoriali di Strade e ANITI-Associazione Nazionale Italiana Traduttori e Interpreti)– La migrazione assunta come criterio interpretativo della realtà determina in modo naturale una riflessione sul linguaggio. Insieme ai corpi viaggiano anche le parole. Nel viaggio, alcune si perdono e altre, fino ad allora sconosciute, compaiono per la prima volta. Riflettiamo sul valore fondamentale della traduzione e della mediazione culturale e sulla loro funzione, che è letteraria ed è etica, fabbricando un ponte di corde tra mondi diversi. Sulla coscienza che tradurre vuol dire perdere e trovare, non coincidere ma avvicinarsi: la distanza che permane non è un’anomalia ma il luogo in cui l’umano si rivela.

Meticciati – Siamo meticci, per memoria genetica, per istinto e formazione. Meticcia è la nostra origine, meticcio è il territorio nel quale agiamo e verso il quale muoviamo. Da questa constatazione, che vede nell’ibridazione non un’improvvisa anomalia ma una condizione naturale, una sezione che riflette sull’esperienza concreta della mescolanza – della miscela, del miscuglio, del crossing-over – espressa nella letteratura, nella musica, nel cinema, nel racconto giornalistico, nella relazione tra uomo e macchina, tra uomo e società. Un itinerario naturalmente impuro all’interno del nostro essere umani.

Tempo irregolare – In un tempo non troppo lontano, ogni cambiamento – ogni krisis, passaggio – richiedeva un tempo lunghissimo perché conoscenze e idee potessero plasmarsi e dispiegarsi. Il tempo era medico della paura dell’ignoto, dell’horror vacui nel quale l’umanità si è di frequente ritrovata. Siamo ora ad un cambio d’epoca. L’uomo rinascimentale, capace di concentrare in sé dei saperi universali, conosce il proprio declino. Oggi, nell’arco di una stessa vita si succedono epoche differenti nelle quali si rinuncia alla fatica della memoria, fidando su un costante stoccaggio presso depositi che non controlliamo. Viviamo in un tempo irregolare, compresso oltre ogni limite, e l’infrazione dei codici elementari di adesione e compatibilità ci rende irregolari e ci proietta in un limbo di anomia e terrore.

Terre perse – Terre perse è quel che resta di una doppia citazione: di un testo capitale di Gesualdo Bufalino – Cere perse -, e della “terra” come di un tòpos letterario (da Verga a Zola). Terre, in termini più propriamente espressivi, sono anche i colori naturali usati nella pittura. Terre perse potrebbero esser dunque degli scenari naturali che stingono come vecchi colori; luoghi che smarriscono la loro storia e spingono alla fuga verso una storia nuova e una nuova identità. Terre perse dice di un rimpianto e di un lento esodo, di una storia e di un esilio.

Variazioni e fughe – Le narrazioni letterarie e artistiche e i loro intrecci gettano ponti tra il nostro mondo e l’Ignoto che – nel tempo delle comunicazioni istantanee, della velocità dei flussi informativi – si mostra a due passi da noi. Tra l’Occidente e i luoghi che dall’ultima guerra chiamata guerra abbiamo smesso di voler conoscere. Abbiamo costruito società idealmente autosufficienti, depositarie di valori incomunicabili ed ora in crisi: in tumultuoso cambiamento, per la netta separazione tra un’epoca e un’altra. La società che cambia impone nuovi linguaggi, e tra realtà e linguaggio vi è un costante rapporto dialettico. Così come tra i diversi linguaggi espressivi.

1492/1942
Programma Musica curato da Dario Oliveri

La programmazione musicale del FLM 2019 ruota intorno al contrasto fra l’Antico e il Moderno, proponendo le opere di quattro compositori palermitani sotto molti punti di vista assai diversi tra di loro: all’oratorio di Alessandro Scarlatti La Giuditta (1697), nella versione del manoscritto di Cambridge, si accostano infatti La Cantata Hurbinek (1970) di Girolamo Arrigo, su testo di Primo Levi, e le prime esecuzioni assolute del Sogno di Mannarino (2019) di Giulia Tagliavia e delle Scene dall’opera “1492” (2018-19) di Marco Betta, su versi di Davide Camarrone.

Obiettivo: futuro
Programma Teatro curato da Giuseppe Cutino

Scene da Antigone e Mediterranea Revolutions: questi i titoli della sezione teatro. Si parte da un Classico e si approda nel nuovo. Con un solo Obiettivo: il Futuro.
Il futuro dei giovani allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo, protagonisti e autori della rivisitazione del Classico Greco, ispirata dalla versione di Sofocle, che aspirano a fare del loro sogno la professione della loro Vita; ed il Futuro dei migranti del Mediterraneo che, attraverso le storie dirette della
Mediterranea, ci rivelano i sogni e le speranze di Vita di uomini e donne che, nel mare, vedono l’unica possibilità di sopravvivenza ma che, per molti si rivelerà l’impossibilità di un approdo sicuro.
Noi abbiamo la responsabilità di potere garantire un Futuro.
Per gli uni e per gli altri.

orienteXpress
Programma Arte curato da Agata Polizzi

Nella sua narrazione del rapporto tra Oriente ed Occidente, Edward W. Said, in un passaggio definisce la natura del rapporto tra Europa e Oriente come fondato su un’esperienza di scambio, perché – dice – l’Oriente non è solo geograficamente adiacente, ma è sede delle più antiche e nobili colonie europee, è sede di civiltà e lingue, base per esperienze culturali condivise, è il più importante concorrente del “Diverso”.
In questa affermazione sta molta parte del senso di un rapporto che è speciale, parte integrante della nostra cultura e della nostra civiltà.
Sviluppando questo concetto, nasce l’idea di affidare agli artisti la possibilità di confrontarsi con un contesto come quello della città di Palermo, in un momento storico estremamente delicato, dare loro dunque la possibilità di ascoltare le istanze di un territorio culturalmente informato dalla potenza della “diversità”, può diventare pretesto per riflettere sui fattori economici, politici e culturali che definiscono insieme una “prossimità”, frutto di un dialogo aperto e libero “(…) prodotto dalle energie materiali ed intellettuali dell’uomo”.

(s)partiti
Programma Audiovisivi curato da Andrea Inzerillo

Il viaggio come dimensione di vita, la speranza e la disperazione, l’approdo e la divisione da ciò da cui si proviene. Partire, dividere, spartire: verso un altrove, anche simbolico, agognato o subìto, visto attraverso gli occhi di una pietas presente o del tutto scomparsa.