Le sezioni

La quarta edizione del Festival delle Letterature Migranti si pone un obiettivo: quello di indagare e narrare il contemporaneo in tutte le sue molteplici sfaccettature, facendosi strumento di decrittazione e di racconto del reale. Per farlo, abbiamo scelto di articolare il programma in cinque diverse sezioni – Letteratura, Arti visive, Teatro, Musica e Audiovisivi – che insieme concorrano a comporre uno sguardo a 360° sulla complessità che ci circonda. Le sezioni Musica e Audiovisivi saranno intrecciate in un unico, affascinante progetto.

 

Programma letterario
Curato da Davide Camarrone, Direttore del Festival delle Letterature Migranti

Anche quest’anno il programma letterario sarà articolato per sezioni: delle vere e proprie “scatole narrative” all’interno delle quali troveranno posto quaranta libri; sarà da lì che gli autori e la comunità di discussant prenderanno le mosse, per guardare con occhio attento alla realtà.

Dialoghi – Nella letteratura possibile del quotidiano, i Dialoghi sul profondissimo cambiamento del nostro tempo costituiscono un genere essenziale. Confrontarsi sulla convivenza e l’interazione tra culture differenti, sulla formazione di una cittadinanza matura e consapevole, sulla contaminazione dei linguaggi e delle narrazioni, sulle modalità dell’informazione e sul cambiamento delle città: dei luoghi, dei punti di vista e delle rifrazioni attraverso le quali le città si costituiscono quali filtri per la decifrazione del reale. Nel fiume del cambiamento, i Dialoghi assicurano le condizioni essenziali alla comprensione del Contemporaneo: la migrazione delle conoscenze e la condivisione del giudizio.

La voie de Marseille – Nella via che congiunge greci e fenici e le due sponde del Mediterraneo, troviamo le ragioni di un dialogo mai interrotto. Tra Palermo e Massalia, Cartagine e l’antica Tiro. Musei e città ritrovate, tra vicoli e narrazioni, tra l’architettura e la riscoperta del mare che unisce. È un continente, il Mediterraneo, che si affaccia dalla crisi di Europa, per la smemoratezza del Mito fondativo. L’ambiguità e il disorientamento del Contemporaneo trovano riferimenti nelle narrazioni di un tempo che ci precede e ci accompagna.

Lettere da vicino – Nel tempo che stiamo vivendo, avvertiamo il rischio – forse per la prima volta nell’intera storia dell’uomo -, di una possibile interruzione dei processi di trasmissione dell’eredità culturale di una generazione all’altra. Per il peso della memoria – tra nuove uniformità di pensiero -, e in relazione a modalità di dialogo immateriale che non presuppongono relazioni dirette tra interlocutori. Nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi del sapere e del dialogo, misuriamo il fallimento di una promessa capitale. E ragioniamo sul ruolo delle narrazioni, sull’educazione al narrare.

Lost & Found – L’esperienza migrante determina in modo naturale una riflessione sul linguaggio. Insieme ai corpi viaggiano anche le parole. Nel viaggio, alcune si perdono e altre, fino ad allora sconosciute, compaiono per la prima volta. Riflettiamo sul valore fondamentale della traduzione e della mediazione culturale e sulla loro funzione, che è letteraria ed è etica, fabbricando un ponte di corda tra mondi diversi. Sulla coscienza che tradurre vuol dire perdere e trovare, non coincidere ma avvicinarsi: la distanza che permane non è un’anomalia ma il luogo in cui l’umano si rivela.

Meticciati – Siamo meticci, per struttura e istinto. Meticcia è la nostra origine, meticcio è il territorio verso cui muoviamo. Da questa constatazione, che vede nell’ibridazione non un’improvvisa anomalia ma una condizione naturale, una sezione che riflette sull’esperienza concreta della mescolanza – della miscela, del miscuglio, del crossing-over – espressa nella letteratura, nella musica, nel cinema, nel racconto giornalistico, nella relazione tra uomo e macchina, tra uomo e società. Un itinerario naturalmente impuro all’interno del nostro essere umani.

Tempo irregolare – In un tempo non troppo lontano, ogni cambiamento – ogni krisis, passaggio – richiedeva un tempo lungo millenni o secoli attraverso i quali potevano plasmarsi e dispiegarsi idee e conoscenze. Il tempo era medico della paura dell’ignoto. Nell’arco di una stessa vita, oggi, si succedono epoche differenti, nelle quali i saperi si esauriscono e si rinuncia alla fatica della memoria. Viviamo in un tempo irregolare, compresso oltre ogni limite, e in questo tempo, l’infrazione dei codici elementari di adesione e compatibilità rende irregolari e proietta in un limbo nel quale abitano anomia e terrore.

Terre perse – Terre perse è quel che resta di una doppia citazione: di un testo capitale di Gesualdo Bufalino – Cere perse -, e della “terra” come di un tòpos letterario (da Verga a Zola). Terre, in termini più propriamente espressivi, sono anche i colori naturali usati nella pittura. Terre perse potrebbero esser dunque degli scenari naturali che stingono come vecchi colori; luoghi che smarriscono la loro storia e spingono alla fuga verso una storia nuova e una nuova identità. Terre perse dice di un rimpianto e di un lento esodo, di una storia e di un esilio.

Variazioni e fugheLe narrazioni letterarie e artistiche costruiscono ponti tra il nostro mondo e l’Ignoto che – nel tempo delle comunicazioni istantanee, della velocità dei flussi informativi – sta a due passi da noi. Tra l’Occidente e i luoghi che dall’ultima guerra chiamata guerra abbiamo smesso di voler conoscere. Abbiamo costruito società idealmente autosufficienti, depositarie di valori incomunicabili, ed ora in crisi: in tumultuoso cambiamento, per la netta separazione tra un’epoca e un’altra. La società che cambia impone nuovi linguaggi, e tra realtà e linguaggio vi è un costante rapporto dialettico. Così come tra i diversi linguaggi espressivi.

 

Il Muto e il Fuori Campo
Programma musica/audiovisivi curato da Dario Oliveri e Andrea Inzerillo

“Il Muto e il Fuori Campo” è un progetto dedicato alla memoria di Claude Lanzmann, che nasce dall’accostamento di due capolavori sui generis del cinema del Novecento come Intolerance (1916) di David W. Griffith e Shoah (1985) di Claude Lanzmann, e che si dispongono – e non a caso – in apertura e chiusura del Secolo Breve. In particolare, la proiezione del Primo periodo di Shoah si svolge nell’anniversario del rastrellamento del ghetto di Roma (16 ottobre 1943) e sarà seguita dagli interventi musicali della cantante Luisa Hoffmann con lo Yankele Ensemble e del violinista Aldo Mausner, vittima delle leggi razziali italiane e sopravvissuto alla deportazione. Il progetto include anche un concerto dell’Ensemble Musica Antica del Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo diretto da Ignazio Maria Schifani, una performance della vocalist Jerusa Barros insieme con GliArchiEnsemble e la proiezione di Intolerance con le musiche dal vivo, in prima esecuzione assoluta, realizzate da Giulia Tagliavia, (tastiere ed elettronica, Marco Betta (pianoforte ed elettronica), Marco Cappelli (chitarre ed elettronica) e Domenico Sciajno (elettronica e regia del suono).

 

Il corpo delle storie
Programma teatro curato da Giuseppe Cutino

Il teatro ha insito nel suo essere il concetto di migrazione: quel passaggio di idee che, partendo dal drammaturgo, arrivano al regista e si trasmettono allo spettatore attraverso il lavoro degli interpreti. Per la sezione drammaturgia abbiamo voluto raccontare due differenti mondi: l’autore singolo, Francesca Garolla, che attraverso una residenza creativa presso il Festival di Avignone, viene messo nella condizione di esprimersi nella elaborazione di un testo; e un gruppo, il Teatro dell’Argine di Bologna, che partendo da tematiche comuni e attraverso la relazione tra Maestri e bambini, riesce a trovare una scrittura che ha origini dalla scena e che si trasforma in testo.

 

Fuga da Europa
Programma arti visive curato da Agata Polizzi

“Fuga da Europa” la traccia della sezione Arti Visive del Festival delle Letterature Migranti edizione 2018, pone una riflessione necessaria e anche provocatoria, sulle condizioni culturali e intellettuali di un continente che fatica a riconoscersi e dunque a rappresentarsi.

Individui in fuga da sé stessi ancor più che da un luogo, perché non più in grado di trovare un’identità comune capace di allargare la base e allontanare i dubbi e la diffidenza, individui privi di una forza capace di dissipare la paura dell’altro. La crisi individuale e culturale in atto può avere ampi margini di superamento solo attraverso la riconquista di una consapevolezza del sé che può avvenire imparando a non dimenticare e soprattutto non smettendo di avere fiducia nel bene comune e nelle libertà.

Grazie allo sguardo degli artisti è possibile provare a interpretare questo fenomeno cercando di osservare per capire, semplicemente, senza mai giudicare.