La sezione musica di Flm 2021: Elettronica 2 (Reloaded) / Oasis

PAGINE DAL FESTIVAL
19
Ott

La sezione musica di Flm 2021: Elettronica 2 (Reloaded) / Oasis

ELETTRONICA 2 (RELOADED) / OASIS
a cura di Dario Oliveri
in collaborazione con la Fondazione Federico II, la Fondazione Buttitta, e il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo

 

La Sezione musica del Festival delle Letterature Migranti 2021 ruota intorno a due eventi, diversi ma per molti aspetti complementari. 

Il primo è un incontro/seminario con ascolti e proiezioni-video coordinato dal Professore Sergio Bonanzinga (Università di Palermo), che oltre a tracciare una storia dell’indagine sulle musiche di tradizione orale in Sicilia, pone al tempo stesso le premesse per la conoscenza, anche nell’ambito dei compositori/compositrici attivi a Palermo, del repertorio musicale che appartiene a una Sicilia ormai estinta e che ci appare pertanto come una sorta di messaggio nella bottiglia.

Fase prima: il canto stampato

Presentando nel 1969 l’edizione moderna delle Parità di Serafino Amabile Guastella (Ragusa 1884), Italo Calvino traccia una breve storia dei rapporti fra etnografia e musica in Sicilia:   

Nella seconda metà del XIX secolo, gli studi di folklore che in Inghilterra, Francia e in Germania s’erano dati statuto di scienza […] ebbero la loro epoca d’oro in Sicilia. Le raccolte di Lionardo Vigo – che si muove ancora in ambito culturale romantico – (Catania 1857) e soprattutto quella di Salomone Marino (Palermo 1967) aprivano infatti la strada all’opera di Giuseppe Pitrè, confortata da una robusta passione sistematrice e metodologica: la Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane del Pitrè si inaugura nel 1871. Erano questi studiosi, uomini nati una ventina d’anni dopo il Guastella e con una diversa formazione alle spalle (tanto Pitrè che Salomone Marino erano medici), una generazione nuova rispetto a quella degli umanisti ed eruditi locali che s’era tramandata fin allora (I. Calvino, “Introduzione”, in Le parità dei nostri villani, Edizioni della Regione Siciliana, Palermo 1967, pp, ixi-xx).  

In particolare, per quanto riguarda l’attività di Pitrè, ricade nell’ambito di nostro interesse soprattutto lo Studio critico sui canti popolari siciliani (1878) e i due volumi di Canti popolari siciliani pubblicati nel 1770 e poi ripresi, con alcune “modificazioni”, nel 1891. E in effetti la raccolta proposta da Pitrè appare vastissima, «più di mille canti inediti […], comunissimi in tutta la Sicilia, sebbene raccolti alcuni nelle provincie di Messina, Catania e Siracusa, altri in dire tuttavia che per quanto il secondo volume dei Canti popolari includa la trascrizione di trentadue melodie realizzata da Carlo Graffeo, le raccolte fin qui citate si concentrano per lo più sull’aspetto poetico del repertorio siciliano, configurandosi come sintesi vasta e coerente di testi cantati. La musica viene invece descritta o annotata soltanto sporadicamente, ed è per tale ragione che appaiono dunque di fondamentale importanza gli studi condotti a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento da Alberto Favara e Ottavio Tiby. 

Fase seconda: il canto trascritto

    Come osserva Paolo Emilio Carapezza, le ricerche di Favara si sviluppano essenzialmente fra il 1898 e il 1905, precedendo, sia pure di poco, quelle condotte a un altro capo dell’Europa da Bela Bartók: senonché quest’ultimo era provvisto di un moderno fonografo Edison, che gli consente di registrare sul campo le voci dei cantori, mentre Favara, che non possiede alcun dispositivo, trascrive le melodie mentre le ascolta, annotando eventuali varianti. D’altronde, prosegue Carapezza, pur essendo impresa difficile e faticosa, la trascrizione su carta – se ben fatta – svela e spiega. Favara non ingabbia tra barre di misura le fluide melodie siciliane, né premette loro segni mensurali, ma le distende libere e nude sui pentagrammi: il loro ritmo emerge spontaneo (P.E. Carapezza, I “Canti della terra e del mare di Sicilia” di Favara e Tiby, note di copertina all’edizione discografica di Irene Ientile [voce] e Ornella Cerniglia [pianoforte]: Inedita 2011, p. 20).

Al di là del suo valore inestimabile – per qualità, per accuratezza scientifica – la storia della collezione di canti raccolti da Favara è tuttavia una storia amara, fatta, come scrive Giuseppe Cocchiara, «di richieste che nessuno ascolta, di aiuti che nessuno dà»: dopo il primo fascicolo dei Canti della terra e del mare di Sicilia (1907), una raccolta di ventidue brani per voce e pianoforte che ottiene pochissimo successo, il volume completo del Corpus di musiche popolari siciliane vedrà infatti la luce solo nel 1957, più di trent’anni dopo la morte dell’autore. 

Fase terza: il canto registrato

Eppure, per quanto sia innegabile che un’attenta, sensibile trascrizione su carta possa «svelare e spiegare», non c’è dubbio che qualcosa si perda: la voce e l’inflessione, il suo rapporto con chi assiste all’esecuzione, i suoni-rumori del contesto: la trascrizione ci appare dunque il calco fedele di un’esecuzione, mentre la registrazione coglie un evento nel suo divenire.

Ciò premesso è importante segnalare, come logico sviluppo degli studi condotti da Guastella, Pitrè e Favara, le esperienze condotte da studiosi come Antonino Uccello, che a partire dal 1960 e avvalendosi di tecnici e attrezzature fornite dalla RAI percorse in lungo e in largo la Sicilia raccogliendo un patrimonio sonoro di eccezionale rilevanza, e come Elsa Guggino, che nello stesso periodo ha iniziato, con i suoi allievi, un articolatissimo percorso di ricerca sul campo che è poi confluito negli archivi sonori del Folkstudio, dell’Archivio Etnomusicale Siciliano e in seguito della Fondazione “Ignazio Buttitta” e del Museo Internazionale delle Marionette “Antonio Pasqualino”: documenti resi di valore ancor più inestimabile dal fatto che sono ormai scomparsi il mondo e la cultura che li generati.   

Ne parla, riferendosi al sottoproletariato romano, Pier Paolo Pasolini in vari articoli scritti alla metà degli anni Settanta:

Quando Accattone è uscito [nel 1961], benché fossimo agli inizi di quello che veniva chiamato il “boom” (parola che fa già sorridere come “belle époque”), eravamo in un’altra età.

Un’età repressiva. Niente era in realtà cambiato – attraverso tutti gli anni Cinquanta – di ciò che aveva caratterizzato l’Italia negli anni Quaranta e prima. 

[…] Come in tutte le culture popolari, i “figli” ricreavano i padri: prendevano il loro posto rimpiazzandoli […]. Mai nessuna rivoluzione interna a quella cultura, dunque. La tradizione era la stessa. Valori e modelli passavano immutabili dai padri ai figli. Eppure c’era una continua rigenerazione. Basta osservare la lingua (che adesso non esiste più): essa era continuamente inventata, benché i modelli lessicali e grammaticali fossero sempre gli stessi (P.P. Pasolini, “Il mio Accattone in tv dopo il genocidio” (1975), in Lettere luterane, Garzanti, Milano 1976, pp. 168, 170).

Non è nostra intenzione fare l’apologia di un mondo in cui non abbiamo vissuto, ma è chiaro che un filo si è spezzato e la scomparsa della civiltà contadina – di nessuno dei giovani nati dopo gli anni Settanta ricorda più nulla – ha ulteriormente accresciuto il valore dei documenti visivi, sonori raccolti da Uccello, Guggino e dai loro collaboratori.

Sintesi: il canto riscoperto/ricreato

Tutto ciò premesso, il Festival delle Letterature Migranti prevede di ricostruire i percorsi di ricerca di Elsa Guggino, nell’approssimarsi del 50° anniversario della fondazione del Folkstudio, attraverso l’incontro/seminario L’indagine sulle musiche di tradizione orale in Sicilia: rilevamento, archiviazione e diffusione, coordinato da Sergio Bonanzinga e previsto per venerdì 29 ottobre 2021 (ore 17:30) presso l’Oratorio di Sant’Elena e Costantino. All’incontro sarà presente Olivia Sellerio.

Il secondo progetto della Sezione musica del Festival è intitolato OASIS e si costituisce invece di un omaggio in forma di concerto a tre compositrici appartenenti a ad ambiti storici e culturali diversi, Isabella Leonarda (Novara 1620 – 1704), Franghiz Ali-Zadeh (Baku, Arzebaijan, 1947) e Ornella Cerniglia (Palermo (1981), le cui opere risuonano al fianco di quelle di due autori italiani del XVII secolo come Dario Castello e Girolamo Frescobaldi.

Il progetto è realizzato grazie al prezioso apporto della Fondazione Federico ii e in collaborazione con il Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo.

Nel caso di OASIS, la riflessione sul rapporto fra l’antico e moderno, che costituisce un elemento ricorrente della programmazione musicale del Festival, assume il carattere di un confronto ideale fra le opere di una mistica e compositrice del Seicento, la «Madre Vicaria del Nobilissimo Collegio di S. Orsola in Novara» Isabella Leonarda, e quella di due compositrici-performer nate entrambe nel Novecento – Franghiz Ali-Zadeh e Ornella Cerniglia – ma in momenti storici e luoghi assai diversi fra di loro come l’Arzebaijan e la Sicilia. Comune ad entrambe è tuttavia la tendenza a far affiorare nei loro lavori l’eco di un mondo popolare sommerso: e dunque la musica orientale di tradizione iraniana e turca rivissuta attraverso lo sguardo della cultura europea del Novecento per Franghiz Ali-Zadeh e il canto tradizionale siciliano per Ornella Cerniglia. 

Il concerto, preceduto da un ritratto parlato delle tre compositrici, si svolgerà in un luogo di estrema suggestione storica, artistica e culturale come la Cappella Palatina del Palazzo dei Normanni di Palermo, (mercoledì 27 ottobre 2021 alle ore 19:00), ponendo l’una accanto all’altra – ma per moto contrario, in senso storico – le esecuzioni con tastiera digitale di Ornella Cerniglia e quelle dell’Ensemble di Musica antica del Conservatorio “Alessandro Scarlatti”. 

Le compositrici e le opere

Isabella Leonarda

Sino ad alcuni anni fa i dizionari musicali – anche illustri – dedicavano a questa compositrice pochissime righe: una specie di nota e piè di pagina nella grande storia della musica italiana del Seicento. La graduale riscoperta della sua produzione compositiva, sia nell’ambito sacro che in quello profano, ha dato inizio a una più vasta ricerca biografica e musicologica, che ci consente oggi di ricostruire, per grandi linee, i percorsi della sua esistenza e della sua produzione artistica. 

Nata a Novara il 6 settembre 1620, da una illustre famiglia di giuristi, Isabella Leonarda è entrata all’età di sedici anni nel convento di suore orsoline in cui avrebbe trascorso il resto della sua vita, diventandone la Madre superiore (1686) e svolgendo, sino agli inizi del xviii secolo, un’intensa attività compositiva, didattica e di organizzatrice delle esecuzioni delle proprie opere e di quelle scritte da altre monache dello stesso convento. Il catalogo delle composizioni comprende musica sacra di varia natura e, tra l’altro, una raccolta di 12 Sonate a 1-4 strumenti (1693) che s’impone per la ricchezza dell’invenzione melodica e il ricorso a tecniche esecutive alquanto complesse. Al tempo stesso – e ne danno prova le due Sonate proposte durante il concerto nella Cappella Palatina – occorre tuttavia rilevare che il suo stile appare profondamente legato alla tradizione, al punto da consentire di individuare un elemento di ideale continuità con le Sonate concertate (1627) scritte molti decenni prima da Dario Castello, precursore ingiustamente trascurato della scuola violinistica veneziana.

Franghiz Ali-Zadeh

Nata fra il Caucaso e il Mar Caspio, in una regione al confine fra l’Unione Sovietica e l’Iran, Franghiz Ali-Zadeh è nata a Baku (Arzebaijan) nel 1947 e si definisce «culturalmente ambidestra», sospesa cioè fra l’Oriente e l’Occidente. La distanza – in termini geografici e politici – dai grandi centri del potere (Mosca e Leningrado) le ha consentito di sviluppare uno stile compositivo del tutto originale, basato sul costante rapporto con la musica popolare e il ripensamento creativo delle avanguardie europee del Novecento. Non a caso, come lei stessa afferma, sue prime partiture sono idealmente dedicate a Gustav Mahler e Alban Berg.

A partire dagli anni Novanta la Franghiz Ali-Zadeh ha scelto di stabilirsi in Germania e ha dato inizio a una carriera internazionale segnata, tra l’altro, dalla collaborazione con il Kronos Quartet, per il quale ha composto Mugam Sayagi (1995), il Quartetto per archi n. 4Oasis” (1998) e l’Apsheron Quintet (2001) per archi e pianoforte.

La Music for Piano (1989-97), di cui Ornella Cerniglia propone la prima esecuzione a Palermo, è spesso eseguita in concerto dalla stessa compositrice e presenta un carattere rapsodico e – in apparenza – improvvisativo. Il brano si basa sin realtà sull’alternanza di elementi espressivi diversi: una melodia dolce e fluttuante è bruscamente interrotta da gesti sonori quasi lisztiani, che lasciano il campo ad atmosfere sospese fra questi due estremi. La memoria delle tradizioni orientali si percepisce assai chiaramente e l’opera assume nel complesso un andamento non lineare, che ricorda, nell’ambito della musica colta europea, certe pagine di Olivier Messiaen. 

Ornella Cerniglia 

Dopo gli studi accademici al Conservatorio e all’Università di Palermo, Ornella Cerniglia ha scelto di dedicarsi soprattutto alla musica contemporanea, con particolare riferimento alle avanguardie americane e italiane. Nel Maggio 2009 ha realizzato al Teatro Goldoni di Livorno la prima esecuzione assoluta degli arrangiamenti di alcuni brani di Syd Barret firmati da Marco Lenzi. Nel 2011 ha inciso, insieme con il mezzosoprano Irene Ientile, il disco Canti della terra e del mare di Sicilia, con la prima registrazione assoluta di una raccolta di opere di Alberto Favara. Nel 2012 ha collaborato con il Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo per le musiche del documentario Joseph Whitaker. Nel 2015 ha partecipato all’installazione Music for the Queen di Alessandro Librio, suonando “immersa” in uno sciame di api. 

I Notturni 1-2 sono stati realizzati nel 2020 nell’ambito progetto Elettronica del Festival delle Letterature Migranti e vengono adesso riproposti per la prima volta in versione da concerto. Riguardo ai due brani l’autrice afferma quanto segue: «Il titolo non deve trarre in inganno, sebbene nel Notturno 1 si intraveda in controluce la forma tripartita del notturno romantico. I pezzi sono legati fra loro: il materiale sonoro che affiora nel primo, riemerge e acquista maggiore nitidezza nel secondo. Questi brani, in cui si aggiungono al timbro del pianoforte digitale i suoni di un synth, costituiscono un elogio alla notte, intesa non come un “luogo” oscuro e tenebroso, bensì come il momento in cui tutto ci appare più chiaro, come il tempo in cui le nebbie del giorno si dissolvono nel silenzio e svelano ciò che la luce nasconde».

 

Programma musicale

 

ORNELLA CERNIGLIA

(Palermo 1981)

Notturni 1-2, per pianoforte digitale e synt

Prima esecuzione assoluta – commissione FLM 2020

 

FRANGHIZ ALI-ZADEH

(Baku, Arzebaijan, 1947)

Music for Piano (1989-97)

Prima esecuzione a Palermo

 

ISABELLA LEONARDA

(Novara 1620 – 1704)

Sonata duodecima, per violino e clavicembalo

(da Sonate à 1-4 strumenti, 1693)

 

DARIO CASTELLO

(Venezia 1602 – 1631)

Sonata seconda à violino solo

(da Sonate concertate in stil moderno, 1629)

 

GIROLAMO FRESCOBALDI

(Ferrara 1583 – Roma 1643)

Toccata decima

(da Secondo libro d’intavolature di cembalo e organo, 1627) 

 

ISABELLA LEONARDA 

Sonata prima, per 2 violini e basso continuo

(da Sonate à 1- 4 strumenti)

Lascia una risposta