Due eventi aprono e chiudono la rassegna | La musica a Flm23

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3
Ott

Due eventi aprono e chiudono la rassegna | La musica a Flm23

Non può mancare la musica a Flm23: due imperdibili eventi, che rispettivamente aprono e chiudono la rassegna, compongono il programma curato da Dario Oliveri; inizieremo mercoledì 11 ottobre, alle 18, con Ucraina senza ebrei, e concluderemo domenica 15 ottobre, alle 20:30, con Sei brani musicali sulle Lezioni americane di Italo Calvino.

Mercoledì 11 ottobre
Ore 18:00 Cantieri culturali alla Zisa| Istituto A. Gramsci
I Popoli
Ucraina senza ebrei
Un progetto realizzato in collaborazione con il Festival internazionale di Musiche e Arti elettroniche  MAIN/off  e con l’Istituto Gramsci Siciliano
Presentazione del libro di Vasilij Grossman Ucraina senza ebrei (1943; Adelphi 2023)
Intervengono Pietro Maltese e Dario Oliveri / Letture di Giuditta Perriera

Alla presentazione farà seguito l’audizione con regia del suono del primo movimento della Sinfonia n. 13 in si bemolle maggiore op. 113 “Babij Jar” (1961-62)  di Dmitrij Šostakovič su versi di Evgenij Evtušenko. Regia del suono di Luca Rinaudo

Cento ostaggi, trecento ostaggi, quattrocento ostaggi…
Era ormai una guerra dichiarata alla città intera
Anatolij Kuznekov, Babij Jar, prima ed. 1970.

Uno scrittore in guerra. Oltre ad avere scritto numerosi racconti e due grandi romanzi, tra cui Vita e destino (prima ed. 1980), un libro, come afferma George Steiner, che «eclissa quasi tutte le opere che oggi, in Occidente, vengono prese sul serio», Vasilij Grossmann fu il più importante e popolare giornalista sul fronte orientale della Seconda guerra mondiale. Nell’estate 1944 fu tra i primi a mettere piede nel campo di sterminio di Treblinka e non a caso il suo reportage, pubblicato con il titolo L’inferno di Treblinka, fu acquisito come prova documentale dal tribunale del Processo di Norimberga. Nella primavera 1944 fu presente alla battaglia e testimone della caduta del Reich.  

Vasilij Grossman era nato il 12 dicembre 1905 nella città ucraina di Berdičev: era dunque più giovane di Pasternak (Mosca 1890) e più anziano di Solženicyn ( Kislodovsk 1918), ma coetaneo di Šostakovič e (Pietroburgo 1905) e di Šalamov (Vologda 1907), l’autore dei bellissimi e struggenti Racconti di Kolyma (prima ed. 1989). Come scrivono Antony Beevor e Luba Vinogradova fu corrispondente speciale per il giornale dell’Armata Rossa «Krasnaja zvezda» [La Stella Rossa] e si dimostrò il più acuto e attendibile testimone oculare di quanto avvenne nelle linee sovietiche dal 1941 al 1945. Trascorse più di mille giorni al fronte – quasi tre dei quattro anni di guerra. Le sue osservazioni penetranti e profondamente umane a un tempo, rappresentano un modello per qualsiasi scrittore e storico.

Ucraina senza ebrei. Negli anni trascorsi al seguito dell’Armata Rossa, Vasilij Grossmann fu informato, sia pure in modo frammentario, dei massacri compiuti dalle truppe nazisti ai danni della popolazione ebraica e culminati nell’Aktion condotta il 29-30 settembre 1940 nel burrone di Babij Jar, alla periferia di Kiev. Molte di queste notizie confluirono nel Libro nero, curato insieme con lo scrittore Il’ja Eremburg, autore del romanzo-simbolo Il disgelo (1955), e dapprima voluto ma poi proibito da Stalin. In senso generale, la stampa sovietica aveva reagito con lentezza e in maniera a assai vaga, all’evidenza dello stermino ebraico messo in atto dai nazisti nei territori occupati. Le pagine di Ucraina senza ebrei sono dunque le prime in cui si tenta un ragionamento articolato sulla Shoah in Unione Sovietica.  Stalin era d’altronde contrario a riconoscere una specificità del genocidio ebraico e riteneva che le aggressioni contro quella comunità andassero invece considerate nel quadro più vasto dell’aggressione dei nazisti contro il popolo sovietico. Per tale ragione, le testimonianze di Grossman non ebbero vita facile. Rifiutate da quella «Krasnaja zvezda» per cui scriveva come corrispondente di guerra, le parole di Grossman trovarono spazio quasi contemporaneamente, pur se in forma ridotta, su due giornali a tirature molto più limitata: in russo, il 28 settembre 1943, su «Za rodinu» [Per la Patria]; e tradotte in yiddish, il 35 novembre e 2 dicembre, su «Enykeit» [Unità], settimanale del Comitato ebraico antifascista. Della pubblicazione su «Za rodinu» si perse presto memoria, tanto era circoscritta la sua diffusione, e a lungo si considerò erroneamente quale prima edizione in russo una ritraduzione dallo yiddish del 1985.

Cinque anni dopo, il dattiloscritto completo riaffiorò degli archivi e una rivista di Riga, «VEK» (4, 1990), poté dare alle stampe la versione originale.

L’edizione Adelphi, curata da Claudia Zonghetti e «raffrontata per scrupolo con le redazioni precedenti e altri materiali», si fonda sulla stesura pubblicata a Riga nel 1990. In questomodo «il rimprovero al Caino del xx secolo ha trovato nuovamente carta e inchiostro: “Dove sono finiti i nostri ebrei?”». 

Šostakovič / Evtušenko. Lo stesso anno in cui Grossmann pubblicava il suo reportage su Treblinka, Šostakovič compone il Trio in mi minore op. 67, nel cui finale risuona un tema ebraico trasfigurato in una grottesca danza macabra. Poi fu la volta del ciclo Dalla poesie popolare ebraica op. 79, del Quartetto per archi n. 8 op. 110, dedicato «Alle vittime del fascismo e della guerra», e infine della Sinfonia n. 13 in si bemolle maggiore op. 113 “Babij Jar”, per basso, coro maschile e orchestra. In questo caso lo spunto giunse al compositore da un poema del ventottenne Evgenij Evtušenko:

«Non c’è alcun monumento a Babij Jar». È così che il verso iniziale del testo – letto per la prima volta il 16 settembre 1961 difronte a milleduecento studenti del Museo Politecnico di Mosca – evoca i timori per l’oblio e l’abbandono che circondano quel sito nei pressi di Kiev. L’opera era del tutto “ortodossa” dal punto di vista ideologico. Evtušenko deplorava l’odio razziale secondo i tradizionali dettami comunisti ed esaltava la Russia come il paese in cui sarebbe risuonata l’Internazionale allorquando fosse stato infine sepolto l’ultimo antisemita della terra. Eppure i suoi versi, accolti come il grido di un giovane russo in collera, sollevarono una delle bufere più gravi della storia della letteratura sovietica (Antonella Salamoni, L’unione sovietica e la Shoah. Genocidio, resistenza e rimozione, il Mulino, Bologna 2007, p. 29). 

Rispetto alle posizioni ufficiali del governo, le parole di Evtušenko risuonavano infatti come una sfida e anche Šostakovič, quando decise di metterle in musica, sapeva di affrontare un tema scottante. 

All’inizio il compositore aveva pensato di scrivere una cantata per basso, coro di voci maschili e orchestra, ma poi decise di ampliare il suo progetto realizzando una grande sinfonia vocale. All’Adagio d’apertura, intitolato Babij Jar e che sembra «una lugubre processione di spettri» (Franco Pulcini) scandita dal basso, dal coro e dai rintocchi di una campana si aggiunsero dunque altri quattro movimenti: Umorismo (Allegretto), Nel negozio (Adagio), Paure (Largo) e Una carriera (Allegretto). Il testo di Paure, in particolare, fu scritto su richiesta di Šostakovič e rievoca gli anni del Grande Terrore e dell’«omicidio per diffamazione»: 

Paura segreta di una delazione, / la paura quando bussano alla porta. / E la paura di parlare agli estranei? / Agli estranei? Ma neanche a tua moglie!

Le autorità sovietiche cercarono di impedire l’esecuzione dell’opera di Šostakovič spingendo i musicisti a rifiutare di esibirsi: alle fine però la Sinfonia “Babij Jar” fu presentata al Conservatorio di Mosca il 18 dicembre 1962, davanti a un pubblico immenso che al termine dell’esecuzione rimase a lungo in silenzio, con il fiato sospeso, prima di esplodere in un applauso travolgente. In seguito Evtušenko accettò di rivedere alcuni passaggi del testo e la sua sconfitta ci appare, in retrospettiva, come un segno dei tempi: il “disgelo” stava infatti finendo e nell’ottobre 1964 lo stesso Nikita Krušëv   fu costretto  dimettersi dalla guida del partito. Nel clima di restaurazione degli anni seguenti, la Sinfonia n. 13 scomparve un po’ alla volta nell’oblio.  

Domenica 15 ottobre
Ore 20:30 Cantieri culturali alla Zisa | N.O.Z. – Nuove Officine Zisa
SEI BRANI MUSICALI SULLE LEZIONI AMERICANE DI ITALO CALVINO
talk con Dario Oliveri e Gioacchino Lavanco

concerto a cura del corso di Composizione e di Musica elettronica» diretto da Fabio Correnti

SEI BRANI MUSICALI SULLE LEZIONI AMERICANE DI ITALO CALVINO

Un progetto realizzato in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti” di Palermo e il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell’Università di Palermo 

Manifestazione realizzata in occasione del 100° anniversario della nascita di Italo Calvino (1923-2023)

Ogni volta l’inizio è questo momento di distacco dalla molteplicità dei possibili: per il narratore l’allontanare da sé la molteplicità delle storie possibili, in modo da isolare e rendere raccontabile la singola storia che ha deciso di raccontare quella sera.
Italo Calvino, Cominciare e finire, 1985.

Nella Cronologia curata da Mario Barenghi e Bruno Falcetto per l’edizione dei Romanzi e racconti di Italo Calvino nei “Meridiani” Mondadori (Milano 1991), si legge quanto segue:

Italo Calvino nasce il 15 ottobre 1923 a Santiago de las Vegas, presso L’Avana. Il padre, Mario, è un agronomo di vecchia famiglia sanremese che, dopo avere trascorso una ventina d’anni in Messico, si trova a Cuba per dirigere una stazione sperimentale e una scuola agraria. La madre, Eva (Evelina) Mameli, sassarese d’origine, è laureata in scienze naturali e lavora come assistente di Botanica all’Università di Pavia.

Riguardo alla genesi delle Lezioni americane, pubblicate postume nel 1988 con il sottotitolo Sei proposte per il nuovo millennio, la vedova dello scrittore, Esther Calvino, racconta che 

Il 6 giugno 1984 Calvino fu ufficialmente invitato dall’Università di Harvard, nel Massachusetts, a tenere le Charles Eliot Norton Poetry Lectures. Si tratta di un ciclo di sei conferenze che hanno luogo nel corso di un anno accademico (per Calvino sarebbe stato l’anno 1985-1986) […].Il termine “Poetry” dignifica in questo caso ogni forma di comunicazione poetica – letteraria, musicale, figurativa – e la scelta del tema è interamente libera. Questa libertà è stata il primo problema che Calvino ha dovuto affrontare, convinto com’era di quanto fosse importante la costrizione nel lavoro letterario. Dal momento in cui riuscì a definire chiaramente il tema da trattare – alcuni valori letterari da conservare nel prossimo millennio – dedicò quasi tutto il suo tempo alla preparazione delle conferenze.

Presto diventarono un’ossessione, e un giorno mi disse di avere idee e materiali per almeno otto lezioni, e non soltanto per le sei previste e obbligatorie.

In passato le Norton Lectures erano state affidate a personalità come T.S. Eliot (1932-33), Igor Stravinsky (1939-40), Paul Hindemith (1949-50), Jorge Luis Borges (1967-68), Octavio Paz (1971-72) e Leonard Bernstein (1973-74). Calvino era il primo scrittore italiano ad essere invitato in tale contesto, ma nonostante la meticolosa «ossessione» con la quale si dedicò al suo lavoro, non riuscì a completarlo: «Colpito da ictus il 6 settembre [1985], viene ricoverato e operato all’ospedale Santa Maria della Scala di Siena. Muore in seguito a un’emorragia cerebrale nella notte fra il 18 e il 19 settembre» (Cronologia). In seguito furono trovati, «in perfetto ordine, ogni singola conferenza in una cartella trasparente» (Esther Calvino) i dattiloscritti dei seguenti cinque testi: 1. Leggerezza; 2. Rapidità; 3. Esattezza; 4. Visibilità; 5. Molteplicità. Ed essi si aggiunse in seguito il manoscritto definito ma non definitivo di una sesta lezione intitolata Cominciare e finire, che reca la data del 22 febbraio 1985 ed è stato pubblicato per la prima volta in appendice alle Lezioni americane nel volume Italo Calvino, Saggi. 1945-1985 curato da Mario Barenghi per i “Meridiani” Mondadori (Milano 1995).

L’idea di realizzare, su commissione del Festival delle Letterature Migranti, sei brani musicali ispirati alle sei Lezioni americane di Calvino (inclusa dunque Cominciare e finire), nasce dal reiterarsi di una collaborazione con il Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti” di Palermo che costituisce, da molti anni a questa parte, uno degli elementi caratteristici del Festival stesso. In particolare, il progetto nasce dalla sinergia creativa con il maestro con i docenti e gli allievi e allieve delle Scuole di Composizione, di Musica elettronica, di Strumenti a percussione. 

Le sei composizioni, tutte ovviamente in prima esecuzione assoluta, prevedono un organico formato da una voce femminile (Elisabetta Trupiano), strumenti a percussione ed elettronica. Un elemento di assoluta unicità del progetto è costituito dal fatto che i sei brani «sono state realizzati in tandem tra studenti/studentesse di Composizione e di Musica elettronica» (Fabio Correnti). Ciò premesso, il programma del concerto sarà il seguente:

                                                 

Ensemble di Musica Contemporanea del Conservatorio “Alessandro Scarlatti” di Palermo
Fabio Correnti direttore

Giuseppe Di Giunta (composizione) e Lucio Bacile (composizione elettronica)
Leggerezza, per percussioni,* elettronica e due voci
voci: Giulia Lo Giudice e Maria Elisabetta Trupiano

Salvatore Tona (composizione) e Giorgio Oddo (composizione elettronica)
Rapidità, per elettronica e voce
voce: Maria Elisabetta Trupiano

Leonardo Scicolone (composizione) e Davide Valenti (composizione elettronica)
Esattezza, per percussioni*, elettronica e voce
voce: Maria Elisabetta Trupiano

Marco Zàppia (composizione) e Angelo Amico (composizione elettronica)
Visibilità, per percussioni* ed elettronica

Oxenne Villafranca (composizione) e Giacomo Scinardo Tenghi (composizione elettronica)
Molteplicità, per percussioni*, elettronica e voce
voce: Maria Elisabetta Trupiano

Cristian Gabriele Argento (composizione elettronica)
Cominciare e finire, per elettronica e voce
voce: Maria Elisabetta Trupiano

Vito Amato (composizione)
Metamorfosi creative
Intricate metamorfosi dell’espressione artistica e dei processi creativi, riflesso delle profonde osservazioni di Italo Calvino nelle “Lezioni Americane”, per grancassa e chitarra
percussioni: Giulia Lo Giudice

*percussionisti: Luigi Alessandra, Giuseppe Biondo, Fabio Filippone, Michele Gelardi, Biagio Inzerillo, Andrea Muratore, Fulvia Ricevuto, Carmelo Muzzicato, Riccardo Tuzzolino, Salvatore Mario Marino.

Il concerto, che costituisce l’evento conclusivo dell’edizione 2023 del Festival delle Letterature Migranti, sarà preceduto da una conversazione a due voci fra Dario Oliveri e il prof. Gioacchino Lavanco.
Un progetto di Dario Oliveri nel programma musica di FLM 23 realizzato in collaborazione con il Conservatorio di Musica “Alessandro Scarlatti” di Palermo e il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell’Università di Palermo.
Ingresso gratuito

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